Io, Alessandro Filippi, nasco da una famiglia di viticoltori da generazioni. Già all’età di sette-otto anni cominciai a fare vino insieme a mio padre. E col passare degli anni un po’ per gioco, un po’ per curiosità e un po’ per passione iniziai a vinificare ogni singolo vigneto dell’azienda. L’azienda di famiglia è molto grande e la mia curiosità consisteva nel prendere l’uva da ogni singolo vigneto, vinificarla e assaggiare per capire come variasse il gusto da zona a zona. Nella regione del Soave abbiamo solo la Garganega, un vitigno che però a seconda dell’area dava espressioni diverse.
Ho poi studiato, ho frequentato le scuole di enologia, però sempre lavorando alla vigna. Mio padre è venuto a mancare quando ero ancora giovane, così ho preso in mano l’azienda a circa vent’anni, appena finita la scuola di perito agrario. Però, mi sono subito reso conto che, nonostante la scuola, io non sapevo niente, non avevo le competenze per gestire l’azienda.
Ho cominciato a studiare da solo leggendo libri di enologia e di viticoltura. Studiavo di sera e di giorno applicavo le cose che studiavo. A un certo punto mi son detto: perché non m’iscrivo alla specializzazione in viticoltura ed enologia, visto che già sto studiando. Ho fatto gli esami delle materie specifiche di enologia e viticoltura, che nel mio diploma di indirizzo generale di agricoltura non erano previste, alla specializzazione alla scuola Enologica di Conegliano, e son passato. Ho poi affrontato il diploma di enotecnico da privatista, anche questo con successo.
A quel punto mi son ho detto: facciamo anche l’università! E mi sono iscritto al corso di enologia. La mia forza era avere sempre la possibilità di provare le tecniche che imparavo. Studiavo all’università e a casa vinificavo. La mia cantina era diventata il mio laboratorio. In ogni damigiana il vino era stato eseguito secondo tecniche diverse.
All’università ho conosciuto il Professore Roberto Ferrarini, con il quale, dopo la tesi, ho collaborato sia nel campo della ricerca che nel campo della consulenza vitivinicola e dal quale ho imparato molto.
Con lo studio ho anche fatto grandissimi errori. In passato l’azienda era stata gestita con metodi naturali, in quanto, anche a causa della morte di mio padre, avevamo trascurato l’azienda agricola, lasciando impoverire la vigna. Quando sono intervenuto con l’intento di ripristinare i livelli di un tempo, l’ho fatto come mi avevano insegnato. Ho quindi cominciato a usare i diserbanti, che prima si usavano pochissimo, ho cominciato a fare la chimica di sintesi, ho cominciato a usare i concimi chimici, i trattamenti sistemici, ho spianato terreni, ho tolto le vecchie vigne e piantato nuovi impianti. E lì mi sono accorto che le vigne facevano fatica a crescere e, cosa più grave, i vini perdevano sempre di più il gusto che ero abituato a sentire.
A quel punto mi sono avvicinato all’agricoltura biologica e al movimento dei vini naturali. Ho provato le tecniche di agricoltura biologica, rame, zolfo, prodotti di copertura non più sistemici, non più diserbanti. Però le piante non volevano saperne di riprendersi. Allora sono passato alla biodinamica senza, però, ottenere risultati a breve termine.
Un giorno ho conosciuto degli agronomi francesi che mi hanno indicato alcuni metodi che derivano dalla semplice osservazione della natura. Questi francesi mi dicevano: guarda come funziona il bosco, guarda al terreno ricco di carbonio vegetale e di microrganismi. E così ho fatto.
Grazie a loro mi sono avvicinato alle tecniche che mirano al ripristino di quelle sostanze organiche naturali e al ribilanciamento del rapporto fra carbonio e azoto a favore del primo. Ho cominciato a farmi i compost di origine vegetale, ho cominciato a fare le tisane di piante per la nutrizione fogliare e ho cominciato a moltiplicare i microrganismi del bosco. Nel giro di pochi mesi ho visto una risposta pazzesca e mi son detto: questa è la mia strada!
Ho lasciato l’azienda, che è rimasta a mio fratello, e ho cominciato una nuova attività dalla Sicilia, con la cantina Ericina. Era una cantina che faceva vino di basso costo, ma gli affari non andavano bene. Avevano così deciso di fare un investimento in una cantina d’imbottigliamento e in un magazzino. Volevano puntare sul vino imbottigliato e quindi gli avevo consigliato di intraprendere la strada del biologico vista la particolare condizione ambientale favorevole della Sicilia.
Da lì ho cominciato ad applicare e perfezionare le nuove tecniche che avevo appreso. Ho anche cominciato a studiare la fisica quantistica e la geobiologia. Ho iniziato ad utilizzare delle tecniche di misurazione delle energie sottili, tipo l’antenna di Lecher, e tutti gli strumenti che servono per aumentare la capacità di percezione dell’energia. Ho tentato di far collimare la parte scientifica ufficiale e le teorie non riconosciute, attraverso prove e conferme nella pratica di ogni giorno.
Dal progetto Ericina e dalla mia attività di consulente presso altre cantine italiane, nasce nel 2012 il progetto Vini di Luce. Nel 2015 nasce anche la Cooperativa Vino Nuovo con lo scopo di andare a riunire e organizzare i progetti cominciati con la Cantina Ericina e poi interrotti assieme ad altre realtà che si erano sviluppate seguendo le mie idee.
Io amo definirmi “Vitologo” oltre che enologo. Questo perchè nel mio lavoro, oltre al cercare di fare un vino buono, ci metto quel qualcosa in più. Il mio vino deve essere anche biodisponibile, “vitale”! Molti cibi prima dell’industralizzazione lo erano, il nostro organismo li digeriva e integrava facilmente, con la massima assimilazione dei principi nutritivi. Attraveso l’Agricoltura della luce e del Carbonio e il metodo Vini di Luce, i vini e i prodotti della terra tornano ad avere questa proprietà. Il Vitologo è “colui che tratta sull’arte di portare la vita dalla vite”, ovvero di preservare l’energia vitale della pianta fino alla bottiglia e al vostro bicchiere.
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